L’EGO

Ricordo come se fosse ieri quando ebbi il primo incontro con il mio ego, ormai quasi dieci anni fa durante un lavoro transpersonale, mi accorsi di lui come se fosse un’entità separata e rimasi molto colpito dal fatto che la bestia era talmente grossa ed io talmente vicino da non riuscire a percepirla, quasi come se fosse fuori fuoco rispetto ai miei occhi, la sensazione era di stare con il viso così attaccato alla facciata di un palazzo da non poterne percepire le dimensioni.

Era una parte di me, ma per quanto desiderassi strapparla via era in qualche modo vitale, la domanda a cui non riuscivo a dare risposta era, ma come poteva essere una mia parte se la consideravo e la combattevo come la Fallaci combatteva il suo tumore chiamandolo “l’alieno che vive dentro di me”?

Molti anni e lavori dopo mi resi conto che “la bestia” non solo non poteva essere scacciata ma neanche sconfitta ma soltanto compresa e posta nella giusta prospettiva. Rendermi conto di questo, cambiò completamente il discorso, già perché lavorando per comprendere l’ego è emersa una cosa ancora più grossa ed importante, la dualità di questa realtà in una forma completamente nuova.

Innanzitutto il punto di vista era completamente diverso, l’ego era certamente una parte di me ma non era me! Il senso è, che come un braccio è una parte di noi ciò non significa che noi siamo un braccio. Certo in questo modo le prospettive cambiavano, più che un padre padrone, l’ego era più come un figlio rompicoglioni che fa di tutto per comandare; eppure nelle grandi e piccole decisioni del passato, ora che avevo iniziato a riconoscerlo era sempre lì presente, quasi un suggeritore che da un lato ti sussurra all’orecchio ma dall’altro ti tiene un pugnale premuto sulla schiena. Nonostante questo non potevo scaricare su di lui i miei comportamenti, era quindi necessario un processo di dicotomizzazione, dovevo separarlo da me per poterlo osservare e comprenderlo. Cominciai ad inseguirlo ovunque con l’auto osservazione, perfino nei sogni.

Era contemporaneamente facile e difficile stanarlo, si evolveva e aveva le stesse mie informazioni ma i suoi schemi non cambiavano e a lungo andare erano prevedibili. Ad un certo punto mi resi conto che la mia presunta battaglia con l’ego altro non era che la rappresentazione del processo esperienziale che facciamo venendo in questa realtà. Allargando la visione del “campo di gioco” mi resi conto che non esisteva nessuna battaglia, non c’era separazione ma solo ricomprensione.

A questo punto le informazioni erano state messe a disposizione e trascendevano l’argomento ego, come fino ad ora lo avevo pensato, andando a coinvolgere in qualche modo il suo opposto, l’empatia che dal mio punto di vista non è la capacità di mettersi nei panni dell’altro, è che in quel momento noi siamo proprio l’altro e sentiamo le stesse cose perché non siamo separati.

In quel momento ho trovato il mio senso sentito e per non farla troppo lunga (ci vorrebbe un libro epico) vi propongo il risultato che io ho trovato alla fine di questa ricerca che mi ha molto aiutato a comprendere una parte del tutto. Non lo spiego perché potrei cadere nel mentale e lì l’ego ci va a nozze, ma leggendo potete sentire se il discorso vi quaglia, come diceva Totò, e magari scoprire una prospettiva nuova di voi stessi a cui magari non avevate pensato.
In una realtà dove la separazione con tutto ciò che ci circonda è semplicemente impossibile, è necessario utilizzare uno strumento che contribuisca a renderla quasi credibile per permetterci di fare l’esperienza.
Questa è la funzione che ci ha richiesto la creazione dell’ego e più ci si identifica con la separazione e più lui conduce il finto ma necessario ballo della dualità. Da nemico quindi ad alleato e dove lui prende il sopravvento, beh li è il caso di porre l’attenzione perché c’è da comprendere qualcosa che altrimenti non vedremmo.

Infine comunque mi sento di rassicurarvi, la mia psicoterapeuta ha detto che sono guarito dalla “schizofrenia” e di questo ne siamo contenti tutti e due.

Marco Lanfossi