LA COPPIA PUNTO DI PARTENZA E DI ARRIVO.

Ho da poco compiuto 50 anni e per la maggior parte delle persone, me incluso, significa tempo di bilanci ed essendo l’amore una grossa parte della mia ricerca qui, per tutta la vita ho amato ma la sensazione è sempre stata quella non di aver potuto amare di più ma l’esperienza costante mi rimandava il giudizio di aver amato “male”. Quello che mi tormentava era che nonostante gli sforzi, l’impegno, la sofferenza e i tentativi alla fine rimanevo con l’amaro in bocca fino quasi a convincermi che fosse quello il significato dell’amore, la frustrazione derivante dall’averci provato e da non esserci puntualmente riuscito.

Quel qualcosa che mancava all’equazione, da un punto di vista analitico e maschile, doveva per forza essere dovuta al rapporto, all’altra metà e quindi rimessi insieme i cocci mi gettavo nella ricerca di essere parte di una coppia con la persona giusta che era sempre, necessariamente la successiva. Solo da poco ho compreso che la parte che sentivo mancarmi ero io, o meglio io c’ero con quello che credevo tutto me stesso ma l’unico modo in cui l’esterno mi diceva che fosse l’amore, non prevedeva l’unica parte, senza la quale tutto portava necessariamente al medesimo risultato, ero disposto a tutto fino all’estremo sacrificio per difendere la mia compagna purché, romanticamente, lei passasse il resto della sua vita a piangere sulla mia tomba da eroe.

Stavo cercando nella direzione sbagliata, o meglio quelli che fino ad ora avevo considerato sofferenza e fallimenti erano necessari per comprendere quel singolo punto che avrebbe cambiato tutto. L’esterno è la manifestazione dell’interno e non viceversa. Avevo preso l’autostrada contromano e infatti finivo sempre con un dolorosissimo scontro frontale. In ogni relazione avevo agito, senza scrupolo in maniera egoica come i bambini, in modo che l’amore della mia partner e la coppia derivante mi desse l’immagine di quanto fossi degno dell’amore che avevo bisogno di sentire di essere per diritto di nascita.

La follia era proprio questa, anche perché come in uno specchio, cercando la stessa cosa anche dall’altra parte si finiva per entrare in un ring dove ognuno era disposto a tutto pur di ottenere dall’altro l’unica cosa che non poteva essere data. Avevo finalmente compreso, io ero l’amore che cercavo disperatamente all’esterno, il matrimonio alchemico era tra le mie parti, il femminile che tanto chiedevo di sperimentare alle mie amate in maniera spesso insistente e possessiva era già li, tutto da scoprire.

Non avendo avuto più bisogno di prendere ho scoperto che il tutto fluiva magicamente e che potevo essere in coppia solo senza il bisogno di esserlo ed era questa la cosa all’apparenza più incredibile. Ora che, riprendendo la metafora dell’autostrada, l’esterno, sempre a specchio, mi fa vedere che le macchine scorrono nella mia stessa direzione sono piacevolmente in compagnia, a volte la vedo nello specchietto a volte affiancata e a volte davanti, condividiamo la bellezza della strada, le sue incertezze, le stesse stazioni di rifornimento senza più pretendere a priori che sia per sempre.

Testo a cura di Marco Lanfossi