LA COSCIENZA DELL’IO. (integrazione di una conferenza di Baba Bedi XVI – Io, 13.12.1988)
La società è una totalità di cui ciascun essere umano costituisce l’unità primaria o individuo.
Il nome che diamo a questa unità primaria quando indica sé stesso è: “io”.
La prima implicazione dell’azione di indicare me stesso è il rendermi conto che: “io esisto, io sono vivo, io ci sono nella vita, io sono”.
Di conseguenza: “io sono un essere umano”.
Che cosa significa essere, vivere come un essere umano? Qual è la qualità che ho dentro di me che mi fa dire “io” a me stesso?
Dentro di me c’è una qualità divina.
Infatti la Luce vive dentro di me nell’aspetto di una Scintilla di Luce Divina, che mi conferisce il diritto di autodeterminazione.
Autodeterminazione è il diritto di essere me stesso per ciò che sono.
L’autodeterminazione mi fornisce la base per l’autoaffermazione.
Autoaffermazione è il diritto di esprimermi, di esprimere me stesso per ciò che sono, per la mia autorealizzazione.
Autorealizzazione è l’essere pienamente me stesso per ciò che sono realmente, cioè uno Spirito Divino incarnato nella materia.
Ci sono due realtà fondamentali nel mio diritto di autoaffermazione: ciò che devo fare e ciò che non devo fare.
Nel cammino evolutivo che ci ha portato nell’era dell’individualità, dobbiamo tenere conto in modo particolare di “ciò che non dobbiamo fare”. L’unica realtà che appartiene a questa dimensione viene chiaramente espressa nell’affermazione: “mai, mai obbedire”.
L’essere umano ha la Luce divina dentro di sé e dove, nel campo della Creazione, troviamo una autorità più grande della Luce che possa avere la presunzione di comandare l’essere umano?
Obbedienza significa accettare di fare qualcosa su cui non sono d’accordo. Se faccio qualcosa su cui non sono d’accordo, nonostante il mio diverso punto di vista, eseguo perché ricevo un comando. Un’implicazione peggiore è quando eseguo come forma di obbedienza, perché sono comandato e non capisco la ragione di ciò che faccio.
Fare qualcosa che non si accetta diventa una grande violenza alla volontà individuale, e ciò costituisce una violazione del libero arbitrio conferito dalla Luce divina che è dentro l’essere umano, quindi si tratta, semplicemente, di violare la Luce stessa che è parte della nostra Anima. Può essere immaginato un tradimento peggiore del tradimento della Luce che è dentro di noi?
Fare qualcosa che dentro di me non accetto, solo come atto di obbedienza, è la forma peggiore di denigrazione della dinamica dell’autoaffermazione.
Il fare poi, qualcosa che non si capisce per cieca obbedienza, è una brutale violenza alla dinamica umana della comprensione, ed agire senza usare la propria comprensione significa gettare via il proprio intelletto, la propria intelligenza, e questo è un insulto alla dignità umana e la peggiore forma di denigrazione della propria autoaffermazione.
Lo scopo dell’autoaffermazione, quello principale, si identifica nella realizzazione di sé stessi, e dobbiamo chiederci come possiamo fare.
“Segui la voce del tuo cuore, che ti conduce verso la piena autoaffermazione ed autorealizzazione, segui la voce del tuo cuore!”.
Ci sembra tanto difficile perché siamo talmente abituati alla “sovranità dell’intelletto” che quest’ultimo si mette contro di noi. Noi stessi abbiamo dato questo potere di sovranità al nostro intelletto. Ma qual è la ragione per cui l’intelletto ci si mette contro? Avviene perché seguire il proprio cuore significa togliere la sovranità all’intelletto, che in questo modo riceve una grande sfida; la sfida più grande alla nostra razionalità, che abbiamo coltivato per secoli, attribuendole man mano, un’importanza fondamentale e soverchiante la voce del cuore.
Quando ascoltiamo la voce del nostro cuore, esso ci parla di amore.
Amare è contro la razionalità dell’intelletto, il quale si basa soprattutto sul giudizio che emettiamo nei confronti di noi stessi e degli altri, e che ci rende faticosissimo e “irrazionale” amare, noi stessi e gli altri.
L’essenza dell’autoaffermazionè consiste nel vivere tutte le potenzialità che appartengono all’essere umano, cioè vivere tutti i nostri talenti, tutte le nostre capacità e qualità.
Come ci accorgiamo delle nostre capacità, come facciamo a sapere di averle e chi, dentro di noi, ce lo dice?
È il nostro cuore che lo sa ed è ancora il cuore che ci fa venire il desiderio, l’urgenza di viverle; non è la mente, ma il cuore!
Se ascoltiamo la voce del cuore viviamo pienamente la nostra personalità e giustifichiamo il nostro io.
Quando sentiamo la voce del cuore siamo pienamente pronti a rispondere al richiamo della positività e delle potenzialità della nostra vita.
Vivendo le urgenze del cuore si aprono le porte della stanza che conduce alla piena autorealizzazione.
Nessun condizionamento o complesso psicologico, nessuna resistenza, nessuna paura o dubbio, niente di tutto ciò può influire sulle urgenze che fluiscono dal cuore, ed è proprio questo uno dei motivi principali della “sacralità del cuore”.
Il cuore è la fontana di Luce per il passaggio per il passaggio della Scintilla Divina verso la coscienza. Il cuore è il punto centrale.
La comunicazione che fluisce dalla Luce in noi, verso il cuore, lo investe di sacralità, e diviene così la fontana dorata da cui fluiscono; il sentimento dell’amore, che unisce felicemente due anime; il sentimento della compassione, che ci fa sentire il dolore e la sofferenza degli altri; il sentimento di filantropia (altruismo), che ci porta ad aiutare gli altri; il sentimento olistico, per cui la nostra anima sente che tutto è uno.
Il cuore ha il diritto di essere riconosciuto come tempio della verità.
Nel linguaggio spirituale, il cuore è descritto come una “stanza dove l’Onnipotente mette il suo trono”.
Se diventiamo coscienti della sacralità della voce del cuore, niente potrà fermare o ostacolare la strada della nostra autorealizzazione e l’io, diventerà totale in termini di autorealizzazione ed autoaffermazione.
(integrazione di una conferenza di Baba Bedi XVI – Io, 13.12.1988 – di Paolo Raimondi per il Centro Iris)