Dov’è l’equilibrio tra emergenza e provvedimenti?
Guardiamo indietro: il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza: “in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” (pubblicato G.U. 01.02.2020).
Non vorrei ironizzare, ma c’è qualcuno che lo sapeva?
Leggiamo tutti la Gazzetta Ufficiale?
Di certo non si poteva allertare la popolazione (in particolare il personale sanitario) per “non spaventarla” (scusate l’ironia), però dopo un mese dal proclama si può procedere con la legiferazione a cascata a mezzo di una serie di provvedimenti che sono andati ad incidere in modo totalmente nuovo e non secondario sui diritti dei cittadini.
Chi di noi, dopo quasi tre mesi da questo sommesso annuncio, non si trova ad avere le chat di whatsapp stracolme di video, messaggi, contributi, interviste e chi più ne ha più ne metta, oppure le pagine dei social network piene di notizie “sparate a random” che dicono tutto ed il contrario di tutto.
Sono pochi quelli di noi che non dedicano almeno un paio d’ore al giorno per leggere, ascoltare ed a sua volta diffondere le notizie ricevute.
Tra notizie vere e notizie false, tra pareri e contropareri il minimo comun denominatore di tutto è la domanda: ma quanto questa situazione influisce sulla nostra libertà di movimento e di pensiero, quanto l’emergenza è semplicemente monitorata ed affrontata e quanto è strumentalizzata?
Quali possono essere le ragioni giuridiche valide per tenerci blindati in casa come se fossimo tutti infettati per evitare la diffusione di un virus e dov’è il limite tra potere e libertà? Dov’è l’equilibrio tra emergenza e provvedimenti?
Tutti noi cerchiamo di dare risposte. Regna la confusione, dalla confusione nasce la falla in cui puo insinuarsi il potere.
Una cosa è certa: nella nostra Costituzione non c’è nessuna norma da cui si possa dedurre la prevalenza del diritto alla salute sul diritto alla libertà individuale in senso generale.
Lo sappiamo tutti, la Costituzione (che studiamo a scuola) contempla uno “Stato di Guerra”, ma non uno stato di emergenza epidemiologica.
In nome del “diritto alla salute” sono state messe nelle affidabili mani della Magistratura, le decisioni relative alla gestione ed alla modalità di svolgimento dei processi.
Dimenticando che non vi è distinzione di carriere nel processo penale tra giudicante (Giudice) ed accusa (Pubblico Ministero) e relegando la funzione della difesa del cittadino (avvocatura) a semplice accessorio: l’obiettivo principe è eliminare la discussione avanti al Giudice per eliminare il contagio.
Sempre in nome del diritto alla salute viene considerata circostanza assolutamente normale che l’Agenzia delle Entrate (parte nei procedimenti tributari alla stessa stregua del contribuente) promulghi una circolare diretta a fornire istruzioni, per l’applicazione dei decreti legge emessi a seguito dell’emergenza Covid 19 al processo tributario diventando per le testate dei giornali “importante punto di riferimento per gli operatori” non meglio identificati (chi i giudici tributari? O gli avvocati dei contribuenti? Ai posteri larga sentenza!).
Sempre in nome del diritto di tutela della salute si sono chiuse attività, commerci, professioni (tutto!) prevedendo sussidi economici per imprese grandi e piccine, per privati e famiglie che passano attraverso la premurosa supervisione del sistema bancario (ma conviene autorizzare un finanziamento inferiore o superiore ad € 25.000? Lo vedremo presto!)
E’ sotto gli occhi di tutti: sono stati presi provvedimenti la cui natura si manifesta di dubbia legittimità.
Per richiamare le parole di chi “ne sa” (dr. Sabino Cassese ex Giudice della Corte Costituzionale) “Il primo decreto era fuori legge. Poi è stato corretto il tiro con il secondo decreto legge, che smentiva il primo, abrogandolo quasi interamente. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza”. (intanto questi tecnici di governo noi contribuenti li paghiamo col nostro sangue e con i nostri morti infetti dal virus!)
Ancora un’osservazione: in tutto questo can can di decreti, provvedimenti, circolari ecc, l’istruzione, ed in particolare l’istruzione dell’obbligo rimane avvolta da una “sacra” nube di silenzio.
Nessun problema! La scuola puo’ aspettare! I bambini intanto li teniamo a casa (visto che abbiamo concesso i sussidi per le baby sitter anche se non si sa come possano fare per andare a lavorare viste le restrizioni), possibilmente davanti al computer in quelle poche ore di video lezioni (a cui non tutti non possono partecipare perché non tutti hanno un computer o un tablet) e, in pausa, davanti alla TV: a scuola si va a settembre (forse!), così risolviamo alla fonte il problema.
Ma come mai gli altri Stati, si preoccupano di organizzare al più presto il rientro dei figli a scuola? Sono forse più scellerati di noi, vogliono correre rischi? Peggio per loro. Noi ci distinguiamo, li teniamo a casa senza infrastrutture che possano consentire un’idonea soluzione per l’istruzione di massa.
Passa inosservato che in Trentino (regione autonoma!) le Casse Rurali abbiano donato del denaro per l’acquisto di tablet per le famiglie meno abbienti con figli in età scolare dell’obbligo e che la protezione civile si occupi di consegnarli. Piccoli gesti, ma che dimostrano l’esigenza. Poi di nascosto, andiamo a leggere come la Cina e gli altri stati hanno assicurato l’istruzione, così magari ci facciamo un’idea.
Negli ultimi giorni protagonista è la famosa “app. Immuni” che sta sbancando, parlano tutti di questo: giusto che se ne parli!
Non limitiamoci, anche se altri hanno detto e scritto quello che noi stessi pensiamo ed avremmo scritto, riscriviamo, inondiamo i social network, esercitiamo il nostro diritto all’informazione, esprimiamoci, divulghiamo il pensiero, stiamo vivi ed accorti!